Nel mirino dei giudici le clausole che generano, a danno del consumatore, uno squilibrio significativo dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Nei contratti conclusi tra professionisti e consumatori si considerano vessatorie quelle clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore uno squilibrio significativo dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Ad affermarlo è stata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23655 depositata il 31 agosto 2021.
Secondo i giudici, sono vessatorie o abusive, e di conseguenza da considerare nulle, le clausole redatte in modo non chiaro e comprensibile. Ciò vale anche nel caso in cui tali clausole riguardino la stessa determinazione dell'oggetto del contratto o l'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, se tali elementi non sono individuati in modo chiaro e comprensibile.
Il criterio di chiarezza, trasparenza e comprensibilità in base al quale devono essere redatte le clausole contrattuali va inteso in maniera estensiva: esso non agisce solo sul piano meramente formale e lessicale, ma anche su quello informativo. In questo modo, le clausole, tra loro in correlazione, devono consentire al consumatore di comprendere e valutare, sulla base di criteri precisi ed intelligibili, le conseguenze che scaturiscono nei suoi confronti dall'adesione al contratto, anche sul piano economico.
Ad esempio, nei contratti di credito le clausole devono essere formulate in maniera sufficientemente chiara da consentire ai mutuatari di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa.