Ispezioni fiscali: gli accertatori posso aprire la borsa del contribuente?

La Corte di cassazione, a Sezioni Unite, si è pronunciata sulla dibattuta questione dell'utilizzabilità, in sede di accertamento, della documentazione rinvenuta nel corso di una verifica all'interno di borse o valigette, aperte in assenza di una preventiva autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria (Cass. pen. SU 2 febbraio 2022 n. 3182). Riassumendo per punti quanto deciso dai Giudici si evince che:

- i parametri costituzionali di riferimento sono costituiti dalla libertà personale (in caso di borse portate sulla persona o ad immediato contatto con la stessa) e dalla libertà di domicilio (ove la borsa sia rinvenuta all'interno dei locali adibiti all'esercizio dell'attività);

- il consenso prestato dal soggetto verificato è idoneo a superare la carenza dell'autorizzazione del PM. Dunque il consenso liberamente prestato, inteso come volontà adesiva alla richiesta di consegna, esclude la coattività; al contrario, il persistere di un'opposizione implica la necessaria operatività delle garanzie previste dalla legge. Per la Corte, il consenso è da intendersi come carente in caso di apertura di una borsa effettuata a fronte di una minaccia: le ipotesi di consenso forzato o coartato, dunque, per esplicita statuizione dei Giudici escludono radicalmente ogni valenza del consenso stesso.

- non è necessario che il soggetto verificato venga informato circa la facoltà di farsi assistere, nel corso della verifica, da un difensore abilitato. Anche un consenso “disinformato” del contribuente – e perfino di un terzo che abbia disponibilità della borsa, cui non faccia seguito l'opposizione del contribuente in sede di chiusura del p.v.c. – è “causa legittimante” dell'acquisizione del supporto portatile al pari dell'autorizzazione del P.M.